Messaggio
  • EU e-Privacy Directive

    This website uses cookies to manage authentication, navigation, and other functions. By using our website, you agree that we can place these types of cookies on your device.

    View e-Privacy Directive Documents

La letterina del sabato 18 ottobre 2025

Care Amiche e cari Amici,

è stato molto bello; è stato interessante non solo sotto il profilo culturale e religioso; è stato chiaro e ricco di spunti. Parlo del convegno organizzato sabato scorso dal Circolo Acli di Miglianico sulle parole dei Papi per la Pace. Va detto grazie al Circolo Acli, alla sua Presidente, la carissima Cinzia De Lutiis, e al suo Direttivo. Va detto grazie a don Gilberto che ha relazionato in modo egregio. Va detto grazie a chi ha voluto partecipare cogliendo l’essenza di un concetto molto ben espresso da Papa Francesco: la pace è prima di tutto dentro di noi e tra di noi singoli, solo dopo è un rapporto tra nazioni. Ascoltare e poi poter meditare sulle parole dei Papi che, da oltre un secolo, parlano, chiedono e lavorano per la Pace, è stato importante. Quanti eravamo? Sala piena in ogni ordine di posti. Vero, ma non tanti se si considera la qualità e l’attualità del tema. Tanti se si tien conto della pigrizia che, con l’aiuto ingannevole dei social, sta spappolando cervelli e volontà.

 

Domani (ma vale anche per chi andrà oggi alla Santa Messa vespertina delle 19:00) si celebra la Giornata Missionaria Mondiale. La cadenza di questo appuntamento può farlo apparire meramente rituale. Invece, è, al tempo stesso il promemoria di qualcosa che tutti dovremmo fare seguendo l’indicazione data da Gesù Cristo, andare per il mondo e portare il vangelo ed è il segnale drammatico di una condizione di grande difficoltà che segna la vita di molte persone, anzi, della maggioranza dell’umanità. L’attività dei Missionari cattolici è incessante, indispensabile, santa. A differenza di quel che molti di noi credono, imbambolati come siamo dallo stordimento di notizie ben pompate e dei soliti post social, la Chiesa Cattolica non è il luogo della pedofilia, degli scandali finanziari, delle altre fotonotizie gossippare. Certo c’è anche questo, purtroppo, come in tante altre, forse in tutte le organizzazioni umane. Ma soprattutto, molto sopra e molto tutto, c’è la missione nel mondo che, da tanto tempo, è annuncio del vangelo alle genti ed è prossimità con i poveri, i malati, gli emarginati. Si tratta di tantissime sorelle e tantissimi fratelli che non vivono solo nelle aree una volta chiamate “Terra di Missione” o nelle “Terre lontane” dei miei Amici Salesiani, perché vivono anche nei territori vicinissimi a noi, nelle nostre Comunità locali, in questa nostra Comunità Miglianichese, forse addirittura nella casa a fianco alla nostra. Parlo di chi ha bisogno di prossimità e di chi ha bisogno di sentirsi annunciare il vangelo, la vera parola di pace. Oltre questo, la Giornata Missionaria Mondiale per me rappresenta un doppio tuffo al cuore. Il primo è legato al ricordo di padre Giovanni Palombaro che fece dell’essere missionario lo scopo totalizzante della sua vita, dimostrando doti, volontà e abnegazione davvero straordinarie. Il secondo è il ricordo della zia Letizia che si occupava di quello che possiamo chiamare il nostro ufficio missionario parrocchiale, nel senso che raccoglieva le offerte, molte delle quali le venivano consegnate da donatori anche fuori dalle Sante Messe. Poi lei portava tutto all’Ufficio Missionario Diocesano, a Chieti, dove a volte, l’accompagnai in macchina per non farle aspettare i tempi degli autobus. La ricordo gongolante di soddisfazione quando, avendo letto il bollettino diocesano, aveva poi scoperto che la nostra Parrocchia si era distinta alla grande in tutta la Diocesi per la quantità delle offerte versate alle Missioni. Anche chi non ha questi bellissimi ricordi, anche chi non ha avuto il privilegio di conoscere Padre Giovanni e, prima ancora, l’indimenticato Padre Siro Coccia, nostro Concittadino e grande missionario, può trarre da questi esempi locali lo stimolo per fare la sua parte: fare l’offerta che per molti di noi rappresenta davvero una briciola del tanto che abbiamo e che non poche volte sprechiamo o utilizziamo senza criterio, mentre per altri può significare più di qualcosa, comunque una carezza che viene da lontano.        

Care Amiche e cari Amici, l’autunno si fa sentire e mostra lo spettacolo delle foglie che fanno da tappeto multicolore sui bordi delle strade e sui marciapiedi. Come foglie, con colori decisamente spenti e niente affatto affascinanti, cadono le promesse dei nostri politici locali, quelli di maggioranza e, ancor peggio, quelli della minoranza che fa capo a Dino De Marco. Solo un anno fa erano tutta una primavera rigogliosa di verdi propositi, o, meglio, di fresche promesse ben esposte: informazione e partecipazione quelli della maggioranza, attenzione continua e coinvolgimento dei Cittadini nel controllo dell’amministrazione quelli dell’opposizione. Suvvia, si era capito subito che quel “beviamoci una birra insieme quando questa campagna elettorale sarà finita” era una penosa trovata elettorale. Però, all’impegno di informare e coinvolgere i Cittadini, in verità un po’, ma solo un po’, ci avevo creduto. Non è stato per credulità personale ma perché ero consapevole, lo sono ancora sulla scorta di una qualche esperienza vissuta, che sarebbe stato/è nel loro interesse parlare coi Cittadini, informare la Cittadinanza, comunicare programmi e progetti alla nostra Comunità locale.  Oggi, ancora una volta, devo condividere con i miei eroici ventitré Lettori (+24°) la sensazione di deserto democratico qui a Miglianico. Eppure di cose che i Cittadini dovrebbero sapere e, in una qualche misura, contribuire a decidere, ce ne sono non poche. Badate bene, le sanno quelli di maggioranza e di opposizione. Siamo alle soglie di decisioni che potrebbero segnare per anni il nostro destino di Cittadini. Parlo, in particolare, del nostro ruolo di Cittadini contribuenti e poi anche di Cittadini fruitori di servizi comunali o consortili. Parlo anche di assetti urbanistici e opere urbane che, per un verso, potrebbero incidere in misura rilevante su porzioni importanti del nostro centro abitato nelle sue parti più caratteristiche e, per altro verso, di alcune contrade perché si trarrebbe di ragionare in termini di vastità di interventi. Con una parola non proprio bella si potrebbe parlare, in ambedue i casi, di effetti fortemente impattanti. Alla parola già non bella “impattante” si lega una cosa decisamente brutta, il silenzio, la mancanza delle parole dette, l’assenza del confronto democratico che, tra le altre cose, genera errori amministrativi, intempestività dell’azione di controllo delle opposizioni, smarrimento nei Cittadini che poi, ovviamente, fanno di tutt’erba un fascio e non vanno più a votare o, peggio, votano “a piacere.  

Care Amiche e cari Amici, le parole sono importanti, non solo in politica. Servono ad apprendere e a capire, a trasmettere non solo informazioni ma sentimenti; servono a fotografare, se trasferite nei documenti, momenti che poi diventano storia. Giovedì sera, dovendo fare la relazione alla Conviviale ecumenica dell’Accademia Italia della Cucina - Delegazione di Chieti, ho condiviso con i presenti una pagina molto bella della nostra storia locale, una pagina che, forse, pochi conoscono e che anch’io non conoscevo fino quando non mi è stata consegnata da una persona molto cara. È una sintesi estratta da uno scritto del compianto Italo d’Onofrio, destinata ad una pubblicazione che poi non ha potuto ricomprenderla per motivi redazionali, essendo il libro dedicato prevalentemente alla gastronomia regionale. Oggi non pubblico l’intero testo, anche per motivi di spazio. Condivido, invece, con i miei eroici ventitré Lettori (+24°) quello stralcio che come Direttore del Centro Studi Territoriale dell’Abruzzo dell’Accademia avevo elaborato per il testo da inserire nel libro. È un racconto, quello originale di Italo D’Onofrio, davvero molto bello come si può facilmente capire anche da quanto ho indegnamente tratto per i motivi appena accennati.

Sconosciuti ai più, ci son stati personaggi straordinari, come “lu Callarare”, artigiano itinerante che portava con sé un intero laboratorio. Nelle memorie scritte da Italo D’Onofrio, emigrante abruzzese, autore di canzoni e poesie, che negli anni del boom economico portò a Torino e nel Piemonte testimonianze del folclore abruzzese, rivive Zi Beniamino, che con la sua cassa piena di 50 chili di strumenti e lamine di rame, legata al torace da una grande cinta, scendeva da Guardiagrele, attraversando i paesini e le contrade della Val di Foro, per aggiustare quello che era lo strumento principale della cucina, “lu callare”, la grande pentola appesa nel camino. Colto, affabulatore di mille racconti, elegante e infaticabile, fu per mezzo secolo protagonista della vita di quella vallata. La sua morte colpì tutti: lo trovarono (proprio a Montupoli, ndr.) lungo un viottolo di campagna con la sua cassa legata al corpo, coperto di neve, quasi addormentato”.

Buona Domenica 

Joomla templates by a4joomla